lunedì 26 ottobre 2009

Riti, culti, credenze, leggende, storie, favole, miti....


Il remoto dio delle fonti

Valle del Sarno! Ci ritorniamo perchè è ricca di testimonianze storiche il cui vero valore non è stato appieno recepito. Nel corso di scavi sono state rinvenute le antiche monete dei Sarrasti, con su dei simboli attestanti il culto delle acque del Sarno deificato. I simboli delle monete sono: la testa equina, i due cavalieri, il cavallo che sovrasta una stella, la testa giovanile con corna ritorte, il cane, il toro con volto umano. Tali simboli non sono altro che l'espressione di un unico concetto sacrale: il culto delle acque o della civiltà delle "Sacre Sorgenti". Questo culto è ripreso dagli Etruschi e poi dai Romani. La religione delle "Sacre Sorgenti" è incentrata su una trinità: la Grande Dea signora della montagna sacra, dalle cui viscere sgorga il fiume, Dio della sorgente, figlio e sposo della Grande Dea a cui dona la fertilità, e due cavalieri di cui uno mortale e l'altro immortale ( rappresentanti l'uomo nella sua doppia natura corporea e spirituale). L'antico nume della sorgente era un dio oscuro ed infero, adorarlo e bagnarsi nelle sue acque consacrate permetteva di porre piede nel Regno dei Morti. Dunque immergersi nelle sue acque equivaleva a morire e rinascere a nuova vita. Per questi motivi il corso del fiume era sacro, ed era sacrilegio guardarlo senza una preghiera o costruirvi un ponte senza una cerimonia di espiazione. Non a caso il nome della più antica carica religiosa etrusca è Pontifex, la cui etimologia è letteralmente "facitore di ponti", quindi soltanto un sacerdote poteva violare, mediante un apposito rito di espiazione, il corso di un fiume con la costruzione di un ponte.

1 commento:

  1. UN ASSAGGIO DELLA POETICA SARNESE....


    LUIGI CRESCENZO – TERRA NATIA

    Sempre cara, m’apparve,
    sempre bella la terra mia,
    quando di tratto in tratto,
    il fato mi diè di rivedere quella.
    Profondo fu l’amor mio,
    intatto per la sua gente rude, ma di cuore,
    adusa a mantener la fè, il patto,
    anche se lontano io vissi, con onore,
    da troppe cure tutto il dì distratto.
    Dai venti, tormentata, da la brina,
    e dal gelo, spesso non è risparmiata
    ma per splendida grazia divina,
    di ubertosi campi è donata,
    e di chiara sorgente cristallina.
    T’adoro, o mia divina terra amata!

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